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Adozione e tatuaggi

Aggiornamento: 8 mag 2020

“Scrivo su di me le possibili traiettorie di un viaggio che non smette mai, scrivo su di me tutte le volte che l’urgenza mi chiama, quando un’immagine diventa la condensazione acutissima di un sentire ancora confuso e pur tuttavia già insistente…” (Betti Marenko, Segni indelebili. Materia e desiderio del corpo tatuato)


“Un tatuaggio non è semplicemente un disegno. Vedi, un tatuatore è come un confessore. Lui scrive la storia di un uomo sul suo corpo…”

“Le parole sono come il cane che hai a casa, i disegni dei tatuaggi sono il lupo che incontri nel bosco…”

“Per ora ti basti sapere che il marchio del tatuaggio è l’unico modo che abbiamo per difenderci da chi ci vuole annientare, è il posto segreto dentro il quale possiamo nascondere ciò che per noi è sacro. Non portiamo i marchi per vantarci davanti agli altri, ma perché quello è l’unico mondo incontaminato che ci è rimasto…” (Nicolai Lilin, Educazione siberiana)


Erede di una contaminazione tra diversi contesti culturali (culture tribali, mondi dei marinai, della ribellione e della trasgressione…), tutti ugualmente segnati dal bisogno di scrivere sul proprio corpo, il tatuaggio ha conquistato ormai da un paio di decenni i nostri adolescenti: esplosione di una moda che preoccupa i genitori, non solo o non più per il suo significato trasgressivo, quanto per il maltrattamento – dal loro punto di vista - imposto al corpo.


Ma cosa rappresenta, per gli adolescenti, questa “scrittura sulla pelle”?

Al crocevia tra il bisogno di appartenere a un gruppo e quello di individuarsi - in questo riprendendo il significato del tatuaggio nelle culture tribali (vedi “I tatuaggi tribali del Borneo”) -, il tatuaggio degli adolescenti non ha un significato univoco. Se in certi casi può essere un semplice abbellimento estetico privo di significato, se non quello di essere come gli altri, più spesso rappresenta anche un modo di distinguersi con un segno personale che riveste un valore in sé e riguarda la propria sfera intima.


Chi lavora con gli adolescenti adottati sa quanto il tatuaggio sia tra loro diffuso e quanto spesso questi tatuaggi veicolino un significato che ha a che fare con la loro storia adottiva. Una diversità da assimilare, il filo conduttore di una storia da ritrovare, diverse appartenenze da integrare: la storia di chi è stato adottato si porta dietro questo peso, che non raramente si trova inscritto nei loro corpi. Tatuarsi - per chi ha vissuto l'esperienza dell'adozione - significa spesso disegnare indelebilmente sulla propria pelle riferimenti al proprio passato che resteranno presenti anche nel futuro: atto che è probabilmente l'espressione del bisogno di una continuità identitaria in cui passato e presente si radicano nel corpo, il tentativo di aggiungere un tassello nella costruzione di un’identità sentita fragile precaria.

Anche il dolore fisico, che durante la pratica del tatuaggio segna il punto di non ritorno, può forse far riecheggiare, nella faticosa costruzione dell’identità, la ferita legata all’attraversamento doloroso della propria storia.


Consapevole della significatività dei tatuaggi degli adottati, e allo scopo di approfondire questa tematica, lo scorso anno il CTA (Centro di Terapia dell’Adolescenza) ha bandito il concorso “LA MIA STORIA SULLA PELLE: tracce indelebili sul corpo che raccontano origini, identità, appartenenze di chi vive esperienze di affido e di adozione”. Concorso che si è appena concluso con la premiazione dei vincitori e la pubblicazione delle immagini dei tatuaggi vincitori, e che potete vedere qui.


Per approfondire:

Alessandra Lemma, Sotto la pelle. Psicoanalisi delle modificazioni corporee, Cortina 2011

Nicolai Lilin, Educazione siberiana, Einaudi 2009

Betti Marenko, Segni indelebili. Materia e desiderio del corpo tatuato, Feltrinelli 2002

Gustavo Pietropolli Charmet e Alessandra Marcazzan, Manipolazioni del corpo in adolescenza, FrancoAngeli 2000

www.liviabotta.it

www.adozionescuola.it

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